Vendée Globe 2024/25 – La partenza
È ufficialmente iniziata la grande avventura del Vendée Globe 2024 e, a poche ore dal via, Giancarlo vuole dimostrare ancora una volta la sua capacità di trasformare le emozioni in una leva per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
Intervistato sul pontile, prima della partenza, Giancarlo ha rivelato le sue emozioni: « Il mio sentimento è quello di una grande contentezza: ho condiviso questo progetto con un team di ragazzi fantastici. È una grande emozione: quattro anni di lavoro più tutti gli anni precedenti che impiegato per poter arrivare a preparare un Vendée Globe, un lavoro che per me è stato più che ventennale. Ho sempre sognato di essere uno sportivo, fin da bambino, e oggi vedo realizzato il mio sogno e non posso che essere felice Ora, però, sono in modalità regata e devo dare tutto me stesso », ha aggiunto lo skipper di Prysmian.Un nuovo inizio, con determinazione
La partenza è avvenuta in condizioni di vento leggero (tra i 5 e i 7 nodi) su mare piatto, un contesto raro per le imbarcazioni IMOCA che permetterà a Giancarlo di mettere in gioco la sua esperienza e il suo spirito mediterraneo. « Vado avanti concentrato: nelle condizioni di mare calmo e poco vento non bisogno comunque perdere la guardia e diventa necessario ancora più curare le regolazioni e le traiettorie » ha dichiarato dimostrando la sua determinazione a ottenere il massimo dal suo IMOCA, nonostante non sia un modello di ultima generazione.Il vento aumenterà gradualmente
La situazione dovrebbe cambiare gradualmente. Il vento sarà inizialmente da ovest, poi da sud con diversi cambi che obbligheranno la flotta a moltiplicare le strambate nel Golfo di Biscaglia. Questo dovrebbe generare un “allungamento” della flotta che dovrebbe iniziare a passare Capo Finisterre, a nord-ovest della Spagna, oggi nel pomeriggio. Il vento sarà più forte, intorno ai venti nodi, e il moto ondoso sarà frontale (1,5 m), rendendo più difficile avanzare. Le condizioni saranno un po’ più difficili per chi resta indietro, con raffiche previste di oltre 40 nodi.
A 20 ore dalla partenza, Giancarlo, contattato dal team, ha detto che la prima notte non è stata semplice per il traffico marittimo, tra la vicinanza dei concorrenti e i pescherecci.Un sogno che si rinnova
«Essere qui per la seconda volta è una fortuna immensa. Voglio vivere questa esperienza al massimo», ha affermato Giancarlo.
Il Vendée Globe è iniziato e Giancarlo, con il sostegno del suo team e dei suoi sponsor, si appresta ad affrontare questa sfida monumentale con la stessa passione e determinazione che lo hanno già reso un esempio di eccellenza nella vela internazionale.
I primi giorni
I primi giorni del Vendée Globe 2024 sono stati impegnativi, con condizioni meteo difficili che sono andate da zero vento a tanto vento; condizioni che hanno messo alla prova sia me, sia la mia imbarcazione, Prysmian.
Il passaggio del canale di Les Sables d’Olonne è stato estremamente emozionante, ed è un ricordo indelebile che sono riuscito a incasellare dentro di me per lasciare spazio alla “modalité regata” focus.
Oggi ho navigato lungo la costa occidentale del Portogallo, dove i venti da nord-est sono particolarmente intensi. Per gestire al meglio queste condizioni, ho mantenuto una rotta più vicina alla costa, dove i venti sono meno forti e il mare è più calmo, facilitando la navigazione.
Nei prossimi giorni, continuerò a monitorare attentamente le condizioni meteo, adattando la mia strategia per garantire sicurezza ed efficienza. Il mio obiettivo rimane quello di completare al meglio delle mie possibilità questo incredibile viaggio intorno al mondo, condividendolo con tutti coloro che mi sostengono.
Grazie per il vostro continuo supporto. Ogni messaggio e pensiero positivo mi dà la forza per affrontare le sfide che l’oceano presenta.
15/16 novembre: in testa alla flotta
Se Giancarlo all’inizio della regata aveva scelto di mantenere un’andatura protettiva per l’imbarcazione, in particolare nella forte burrasca che ha colto lui e i suoi avversari al largo di Capo Finisterre, venerdì 15 novembre è riuscito sfruttare la variabilità dell’ampia zona di calma che sta attualmente bloccando le imbarcazioni, trovando un passaggio che lo ha portato in testa alla flotta. Pur soddisfatto di questa rimonta, il fiorentino rimane centrato e oggettivo di fronte a una situazione atipica e incerta.
“Nelle ultime 24 ore, l’obiettivo è stato quello di far avanzare la barca, cosa non facile in una situazione meteo così instabile”, ha spiegato Giancarlo. “La situazione generale è complessa. Un grossa depressione di 998 ettopascal si trova a nord dell’arcipelago di Madeira e sta interrompendo completamente l’anticiclone delle Azzorre e il regime degli alisei. Ora è la protagonista principale in questa parte dell’Atlantico e sta stravolgendo completamente le cose”, ha spiegato lo skipper di Prysmian. In questo contesto non è facile tracciare la rotta che, contro ogni logica, a volte è determinata dalle nuvole. “I ragazzi del gruppo di testa si sono trovati costretti a dirigersi verso ovest, a volte addirittura verso nord-ovest, nonostante fino a quel momento la loro traiettoria fosse stata quasi perfetta”, spiega il velista italiano, che ha potuto approfittare di un piccolo corridoio di vento, un po’ più a est.
Guadagnare terreno a sud e a ovest
“Dopo un inizio di regata in cui ho navigato “da buon marinaio” per non ritrovarmi a Capo Finisterre con la barca piegata in due, ho passato pochissimo tempo all’interno della barca e sto regatando a tutta velocità. Ieri ho colto l’opportunità di massimizzare i miei guadagni a sud, ma resto lucido perché prima o poi si intaserà un po’ dappertutto e il flusso potrebbe tornare da ovest”, osserva il velista che cerca di riagganciare il più velocemente possibile il vento, tenendo comunque d’occhio l’audace opzione di Jean Le Cam, chiaramente deciso a smentire tutte le statistiche e i pronostici. “La sua è una scelta interessante. Dopo aver doppiato Madeira, ho pensato anch’io di prendere quella rotta. Tuttavia, c’è un problema: l’ingresso nei Doldrum”, spiega Giancarlo, che vede chiaramente la salvezza di questa regata a ovest, anche se con alcune incognite.
Slalom gigante tra le buche del vento
“Ci sono molte zone senza vento e non siamo immuni da sorprese. Quando è così complicato, è difficile fare delle buoni previsioni. Tuttavia, è necessario investire nella speranza che la scelta fatta possa dare i suoi frutti”, sottolinea lo skipper, che da ieri sera naviga nelle posizioni di testa alla flotta con una classifica basata sulle miglia restanti che ieri sera lo dava primo e da questa notte secondo. “Il flusso d’aria da nord-ovest con cui abbiamo a che fare al momento è un po’ complesso e non ci rende la vita facile. Nelle prossime ore rimarrà leggero, con alcune zone veramente calme. Per evitarle occorre velocità, ma al momento nessuno ne ha! In realtà, non c’è molto da fare in attesa che gli alisei, che di solito ci accompagnano a queste latitudini, tornino a crescere. Continuo a fare il mio lavoro al meglio e a sfruttare la possibilità di trovare un piccolo corridoio di vento interessante”, conclude Giancarlo.
I primi 10 giorni del Vendée Globe: un’altalena di emozioni vissute con il team
Questi primi 10 giorni di regata sono stati un viaggio intenso, fatto di emozioni forti, sfide e momenti di riflessione. Partecipare al Vendée Globe significa vivere in un flusso continuo, dove alti e bassi si alternano senza preavviso. Ma una cosa è certa: ogni istante, ogni decisione, ogni problema viene affrontato insieme alla mia squadra, anche se fisicamente siamo separati da migliaia di chilometri.
Uno degli episodi che ha segnato questi primi giorni è stata la rottura della vela di prua. Un problema complesso, che avrebbe potuto mettere a rischio l’intera regata. Riparare una vela così grande, da solo, in mezzo all’oceano, non è facile. Sono state necessarie 14 ore di lavoro ininterrotto, rese possibili solo grazie all’aiuto fondamentale del mio team a terra. Il boat captain e i velai mi hanno fornito supporto tecnico e morale, trovando soluzioni rapide ed efficaci per risolvere il problema. Questo episodio mi ha ricordato ancora una volta quanto sia prezioso il lavoro di squadra. Non importa dove si trovino fisicamente i membri del team: il loro contributo è sempre essenziale.
Ci sono stati anche momenti di pura gioia, come quando, grazie a una scelta strategica, sono stato in testa alla regata per 12 ore. È stato un momento straordinario, una conferma che la rotta scelta — navigare verso est — era quella giusta. Ma anche in quell’istante di soddisfazione, la mia mente era con il team. Ogni successo è il risultato di uno sforzo collettivo, di una sinergia che coinvolge tutti, sia chi è a bordo, sia chi lavora dietro le quinte.
Questa regata, come la vita aziendale, è un continuo gioco di squadra. Si vince e si perde insieme, e ogni contributo è essenziale, specialmente nei momenti più difficili. La barca è una perfetta metafora aziendale: ogni componente deve funzionare in armonia per permettere al sistema di performare nel migliore dei modi.
Le ultime 24 ore sono state un po’ difficili perché sono rimasto bloccato in una zona senza vento e in presenza di alcune nuvole che influenzano modificando, le previsioni. Il vento si fermava, tornava, si spostava a sinistra, a destra… folle e imprevedibile.
ieri sera ero riuscito a agganciare l’aliseo e la barca per un certo momento si è mossa veloce verso sud. Ma nonostante le previsioni sembrassero buone, ideali per raggiungere il Pot-au-Noir con venti che dovevano gradatamente posizionarsi a est, tutto è cambiato.
Stamani i modelli danno ancora sulla mia zona venti da 50/60° e in realtà soffiano a 20°: uno scarto irreale che mi blocca e mi costringe ad andature che non vorrei.
Vedremo nei prossimi giorni come evolverà il Pot-au-Noir, ma per ora devo solo cercare di restare calmo e asettico.
Tra sfide e bonaccia, verso l’emisfero sud
Mi trovo vicino all’equatore, con la mia Prysmian impegnata in questa straordinaria avventura. Ogni giorno è un test di forza fisica, mentale ed emotiva. E l’ultima settimana, in particolare, non ha fatto eccezione.
La settimana appena trascorsa è stata segnata da una situazione che ogni velista teme: la bonaccia. Attraversare aree di vento debole, non previste dai modelli meteorologici, è sempre frustrante. Per ore, anzi giorni, ho visto Prysmian quasi immobilizzata o obbligata a muoversi in andature che non avrei voluto, con il vento che sembrava aver deciso di prendermi in giro. Ogni regata ha i suoi momenti no, ma questo mi ha colto di sorpresa, facendomi perdere molte posizioni preziose. A volte gli strumenti che abbiamo a disposizione tradiscono la nostra fiducia e quando i modelli indicano la presenza di un vento a 50° e te lo ritrovi a 25, è dura da accettare. E diventa necessario reagire. Anche quando il vento è fermo, la determinazione deve restare in movimento.
Durante questa fase complessa, non sono mancati i problemi tecnici. Ho dovuto riparar una vela che aveva ceduto a Cap Finisterre. È stato un lavoro lungo e faticoso, una manovra che ha richiesto 14 ore di energie fisiche e concentrazione mentale, ma era indispensabile. Avere una barca al massimo delle sue prestazioni è essenziale per affrontare le migliaia di miglia che mi aspettano.
Come se la settimana non fosse stata già abbastanza impegnativa, ieri ho dovuto sostituire uno dei tre anemometri che ho in testa d’albero, salendo a circa 30 metri di altezza, sotto un sole cocente.
Sospeso tra cielo e mare, con le onde che muovono la barca e il sole che ti fa bollire la pelle protetta dalla cerata e dagli stivali (obbligatori in queste operazioni), tutto sembra amplificato. Ma in quei momenti non c’è spazio per i dubbi. Devi agire, concentrarti sull’obiettivo e fidarti del tuo corpo e della tua attrezzatura. Non lo rifarei volentieri, ma so che era necessario per avere una barca performante. E quando è necessario, non si discute: si fa.
Adesso Prysmian vola verso l’equatore con un vento favorevole che finalmente soffia nelle vele. Attraversare la latitudine 0 è sempre un momento speciale in una regata come il Vendée Globe. È una sorta di traguardo simbolico, che segna il passaggio a una nuova fase dell’avventura. Il mio obiettivo è quello di entrare presto nell’emisfero sud, dove mi aspettano altri venti e altre sfide. Ma questo fa parte del gioco. Ogni giorno è una nuova opportunità per imparare, crescere e dare il massimo.
L’emisfero sud
Siamo nell’emisfero sud… la nostra opzione a est purtroppo si è rivelata errata, contraria a tutte le previsioni. Ci siamo trovati a perdere tutto il gruppo, che adesso è entrato in un sistema meteo diverso dal nostro.
Adesso l’unica speranza è che ci sia un’altra bolla anticiclonica davanti che ci permetta di ritornare, che è quello che è successo nella prima parte della regata, quando il vento si è fermato per noi e tutti coloro che erano dietro hanno recuperato.
A volte mi sembra di vivere una punizione, ma questa è la vela. Bisogna solo restare calmi e sperare che ci sia data una nuova occasione. Intanto penso a fare bene nel nostro gruppo.
Navigare tra le scelte
È dicembre. La situazione attuale della regata rappresenta uno di quei momenti cruciali in cui la strategia e l’adattamento alle condizioni diventano fondamentali. Al Vendée Globe, ogni scelta conta, e ogni piccola decisione può fare la differenza tra guadagnare terreno o perderlo.
Al momento, ci troviamo con una bassa pressione alle spalle, un vantaggio che sto cercando di sfruttare al massimo. Questo tipo di configurazione meteorologica permette di sviluppare velocità elevate, specialmente per le barche foil come la mia. I foil ci consentono di sollevare parte dello scafo fuori dall’acqua, riducendo la resistenza e aumentando l’efficienza complessiva della barca. Tuttavia, la posizione in regata non si basa solo sulla velocità pura, ma su una combinazione di elementi: la capacità di leggere le condizioni meteorologiche, scegliere la rotta migliore e sfruttare al massimo l’attrezzatura a disposizione.
La mia scelta di portarmi più a sud è stata dettata proprio dalla necessità di trovare un vento più stabile e intenso. Questo potrebbe compensare il fatto che i foil funzionano meglio con un angolo più aperto rispetto a barche senza foil, come quelle dotate di daggerboard che stanno scegliendo una posizione più a nord. L’obiettivo è massimizzare le prestazioni nel breve periodo e, al tempo stesso, posizionarmi strategicamente per il prossimo sistema meteorologico.
Il gruppo di barche davanti a me rappresenta un punto chiave nella mia regata. Restare nello stesso sistema meteorologico di quei concorrenti è fondamentale per mantenere aperte le opportunità di recupero. Se le condizioni cambiano drasticamente e ci troviamo in sistemi diversi, il distacco potrebbe diventare difficile da colmare.
Il fatto di avere davanti skipper come Louis Burton e gli altri rappresenta una motivazione in più. Louis, in particolare, è un regatante straordinario: la sua abilità e la sua esperienza fanno sì che ogni errore venga capitalizzato a suo favore. Sapere che devo competere contro marinai di questo calibro mi spinge a dare il massimo e a non lasciare nulla al caso.
Una delle grandi differenze tra questa edizione del Vendée Globe e quelle passate è l’evoluzione tecnologica. Le barche foil stanno ridefinendo il modo di navigare e competere in solitario. La velocità che possiamo raggiungere è impressionante, ma richiede anche una grande precisione nel controllo e un’attenzione costante alle sollecitazioni che subisce la barca. È una navigazione più veloce, sì, ma anche più esigente fisicamente e mentalmente. Ogni rumore, ogni vibrazione deve essere interpretata immediatamente per evitare danni e ottimizzare le prestazioni.
In questo momento, la sfida più grande è bilanciare velocità e sicurezza, specialmente mentre ci avviciniamo al Grande Sud. Qui, il mare diventa più aggressivo, le onde più alte e il freddo più intenso. È una danza costante tra spingere la barca al massimo e preservarla per il resto della regata.
Superare il Capo di Buona Speranza rappresenta una pietra miliare nella regata. È il punto in cui entriamo nel Grande Sud, un territorio tanto affascinante quanto spietato. Le condizioni qui non perdonano errori: venti forti, onde gigantesche e temperature che mettono alla prova non solo la barca, ma anche il corpo e la mente dello skipper.
La strategia prima di affrontare questa zona è cruciale. Ogni elemento deve essere verificato: le vele, i sistemi di bordo, l’energia a disposizione. Inoltre, devo considerare il pericolo rappresentato dagli oggetti galleggianti, come i container non visibili ai radar, che in queste acque remote possono diventare una seria minaccia. È una realtà con cui dobbiamo fare i conti e che richiede massima attenzione.
Mentre continuo la mia rotta, il mio pensiero è costantemente rivolto al passo successivo: come posizionarmi, come guadagnare terreno, come affrontare le sfide del Grande Sud. Ogni giorno al Vendée Globe è un nuovo inizio, una nuova opportunità per imparare qualcosa di più su me stesso, sulla mia barca e sull’oceano. È una sfida che accetto con entusiasmo e rispetto, sapendo che ogni miglio percorso mi avvicina non solo al traguardo, ma a una comprensione più profonda del mio ruolo in questa avventura.
Passaggio di Capo di Buona Speranza
Giovedì 5 dicembre, alle 11.24 ho attraversato la longitudine del Capo di Buona Speranza e qualche ora dopo quella di Capo Agulhas, che segna il passaggio dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano. Pochi festeggiamenti: la concentrazione è tutta sulle condizioni che devo affrontare, qui tra i vari gorghi della corrente di Agulhas. Con venti tra i 30 e i 40 nodi e uno stato del mare complesso sto cercando di tenere il passo con la frequenza della mareggiata, altrimenti inizia a surfare e si schianta. Sto osservando attentamente le carte nautiche, ma il mare è così disorganizzato che mi sembra di fare una traversata in 4×4. Devo cercare di controllare il più possibile la velocità per evitare soste a buffet. Navigare a 25 nodi per colpire un muro non serve a molto. Bisogna accettarlo.
Non ha senso andare a tutto gas in alcuni momenti e a dieci nodi in altri, con il rischio di rompere tutto. Sto lavorando sodo per trovare le regolazioni che mi permettano di mantenere una velocità costante. Regolo costantemente le scotte della randa e della vela di prua. La mia attenzione è rivolta anche al nuovo, fortissimo sistema di bassa pressione in arrivo. Questi sistemi successivi sono ciò che si verifica nell’Oceano del Sud. Si spera sempre di fare il giro del mondo con 15 nodi di vento, ma non è così!
Inizio a essere stanco dopo 27 giorni di regata. Sto bene e anche la barca, ma non mi sveglio più così facilmente come prima, quando la sveglia suona quando faccio i miei pisolini. È la prova che il mio corpo ha bisogno di riposo.
Un mese di regata
Dopo un mese di navigazione senza sosta, mi trovo in una delle fasi più dure del Vendée Globe. Con Capo di Buona Speranza alle spalle e la vastità dell’Oceano Indiano davanti, sono impegnato in una sfida quotidiana contro onde incrociate, correnti disordinate e sistemi di depressione che non danno tregua. La strada verso la Tasmania è ancora lunga e densa di ostacoli. È come essere in una lavatrice gigante impostata sulla centrifuga permanente”, ha commentato Giancarlo in un messaggio dal bordo della sua barca. “Le depressioni si susseguono, una dopo l’altra, senza lasciarti il tempo di respirare. Non è il vento il problema principale, ma il mare incrociato e disordinato, che colpisce senza pietà. È impossibile stare in piedi senza essere sbattuti da una parte all’altra. Anche preparare da mangiare diventa una prova di resistenza. Mi trovo a metà strada tra il Capo di Buona Speranza e le Isole Kerguelen.
Ho deciso di modificare la rotta, spostandomi più a nord, nel tentativo di trovare condizioni di mare e vento che permettano alla barca di avanzare senza i continui stop causati dalle onde. Questa scelta tattica mi permette di evitare le zone di correnti più insidiose, ma la navigazione rimane estremamente complessa. Le zone di corrente, dal Capo di Buona Speranza fino al meridiano dei 70° Est, note come correnti delle Agulhas, sono difficili perché creano vortici e onde da tutte le direzioni che bloccano l’avanzare della barca.
Il percorso verso la Tasmania è ancora lungo e, purtroppo, le previsioni meteo non sono incoraggianti. I sistemi di bassa pressione continuano a rincorrersi con una velocità impressionante e le onde non accennano a placarsi. Guardo verso sud sperando in una finestra per scendere verso la Tasmania, ma una grossa depressione è già in arrivo per la fine della settimana. Ora devo concentrarmi molto sul presente per riuscire a portare l’imbarcazione su questo mare che è davvero “arrabbiato”: si avanza con grande fatica perché la barca parte dei surf mostruosi per poi andare a sbattere nell’onda davanti. Sono condizioni complesse dove non si riesce ad accelerare, bisogna andare al ritmo delle onde. È necessario avere pazienza, accettare che è così. Speriamo che dopo Capo Leeuwin potremo avere delle condizioni un po’ più clementi, per poter passare dalla sopravvivenza alla regata, perché per ora il rischio di rompere è importante.
Oceano Indiano – Quasi Capo Leeuwin
16 dicembre. Nell’immensità agitata dell’Oceano Indiano, ogni giorno è un confronto incessante contro gli elementi. Sono stanco ma risoluto, avanzo verso Capo Leeuwin, il secondo dei tre grandi capi del mio giro del mondo, che prevedo di superare domani. Sto bene, ma sono un po’ stanco perché in questo Indiano non c’è davvero mai un attimo di tregua. Dal passaggio del Capo di Agulhas, che segna l’ingresso in questo oceano un tempo chiamato Oceano Orientale o Mare delle Indie, ho dovuto affrontare una serie di depressioni particolarmente violente. È soprattutto lo stato del mare a rendere la vita a bordo molto difficile. Ogni spostamento diventa estremamente complicato.
La barca sta andando piuttosto bene, e questa è una buona notizia. Da poco, lo stato del mare è leggermente migliorato, ma siamo davanti a un sistema meteorologico importante. Bisogna quindi mantenere il ritmo. Il vento è a volte molto instabile, per cui bisogna adattarsi. In certi momenti la prua affonda un po’, quindi bisogna cercare i giusti assetti.
Cerco una traiettoria ottimale verso sud della Nuova Zelanda. Restare un po’ più a nord è una scommessa per preservare il materiale e navigare in condizioni più gestibili. Vedremo se pagherà. Sarà una tappa importante, soprattutto a livello mentale.
Fa piacere, ma la strada è ancora lunga. Possono ancora succedere molte cose e l’avaria di Pip Hare, la scorsa notte, ce lo ha ricordato ancora una volta. Sono così dispiaciuto dalla notizia del disalberamento della navigatrice britannica. Sono molto dispiaciuto per lei, perché stava facendo una gara incredibile fino a quel momento. È una prova davvero dura per lei e per il suo team. Il nostro sport è uno sport meccanico, e a volte è terribilmente ingrato. Fortunatamente, si trovava vicino all’Australia. Se questo incidente fosse accaduto al Punto Nemo, la situazione sarebbe stata molto più complicata da gestire. Ogni impresa in mare aperto è fragile.
Speriamo di essere trattati meglio lì, perché l’Indiano è stato davvero poco ospitale.