Senza fiducia reciproca, senza una visione comune, non ci sono risultati

Senza fiducia reciproca, senza una visione comune, non ci sono risultati. È un assunto chiaro per Giancarlo Pedote e Anthony Marchand. I due skipper si preparano a partecipare insieme alla prossima edizione della Transat Jacques Vabre a bordo dell’IMOCA Prysmian Group, che ospita Electriciens sans frontières.

Nelle ultime settimane i due skipper hanno lavorato per costruire una solida fiducia reciproca, concentrandosi soprattutto su alcuni principi chiave che li portassero alla fiducia reciproca. Stabilire delle regole di comportamento sportivo condivise da entrambi, concentrarsi in un obiettivo comune, essere solidali in ogni situazione, mettere in valore le caratteristiche peculiari di ciascuno di essi. Hanno anche cercato di creare delle occasioni che li aiutassero a sviluppare questi assunti. In questo senso, il recente Tour de Bretagne à La Voile a cui hanno partecipato a bordo del Figaro Bénéteau 3 del Groupe Royer – Secours Populaire, è un esempio di successo sia dal punto di vista sportivo (9° posto in classifica generale), sia da quello umano. Oggi il duo può concentrarsi sul lato tecnico, a partire dal Défi Azimut che avrà luogo a Lorient da mercoledì 18 a domenica 22 settembre.

«Il fattore umano è molto importante in una regata quale la Transat Jacques Vabre, che dura tra i 12 e i 14 giorni. Non deve essere trascurato. È qualcosa a cui tengo in maniera particolare: per me conta molto la passione che viene messa nel fare il proprio lavoro», spiega Giancarlo Pedote, che sa perfettamente che non è sufficiente abbinare buoni elementi per costruire una squadra vincente. «Se un duo non è complice, non funziona», aggiunge il navigatore italiano.

Giancarlo è ben consapevole che per rendere efficace un team, sono necessari una strada, un desiderio, un sogno, un’organizzazione e un ritmo comuni. Ma anche condivisione, emozione e una storia. «Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, io e Anthony abbiamo scoperto che in navigazione siamo entrambi molto attenti ai nostri cinque sensi», aggiunge lo skipper di Prysmian Group, che non lavora necessariamente con le stesse procedure del suo compagno, ma che crede che la complementarità aumenti l’efficienza. «La Rolex Fastnet Race, i trasferimenti tra la Bretagna e l’Inghilterra, gli allenamenti e il recente Tour de Bretagne à La Voile, ci hanno permesso di trovare un nostro ritmo e di instaurare una buona alchimia», afferma Pedote.

L’umano, ma anche la tecnica

«Sono molto contento, perché la nostra buona intesa è sicuramente uno dei punti di forza del nostro team. Si tratta di un punto importante, perché quando sei in mare, soprattutto in gara, non condividi semplicemente un lavoro. È molto più di questo. Siamo insieme 24 ore su 24, e ci troviamo a dover affrontare momenti piacevoli, ma anche momenti difficili. Per me è quindi essenziale avere a bordo qualcuno che abbia voglia di condividere, che investa tutto se stesso come faccio io, e che, allo stesso tempo, sia positivo e ottimista», spiega Giancarlo. Mobilitare le energie attorno a un progetto comune è quello che Pedote e Marchand hanno fatto sin dall’inizio della loro collaborazione. Adesso è il momento di concentrarsi completamente sugli aspetti tecnici del progetto, innumerevoli in un progetto IMOCA.

«L’obiettivo da qui alla Transat Jacques Vabre è quello di continuare a perfezionare le manovre, di raggiungere rapidamente le velocità target dell’IMOCA Prysmian Group e continuare a conoscere la barca, soprattutto nei venti forti. Avere piena fiducia nel mezzo. Oltre a questo, c’è un grosso lavoro di sviluppo da fare sui piani elettronico e informatico. I 60 piedi sono barche molto molto complesse. C’è molto da fare e non è facile per una piccola squadra come la nostra. Ma ce la stiamo mettendo tutta», conclude lo skipper fiorentino, che non vede l’ora di partecipare al Défi Azimut per poter verificare differenti configurazioni di regata – in doppio e in equipaggio, nei Runs e in offshore – ma anche per poter scoprire i nuovi IMOCA.

Immagine in copertina © Martina Orsini