Dopo aver doppiato Capo Horn il 5 gennaio alle 2:12 (ora italiana), dopo poco più di 57 giorni di regata, Giancarlo Pedote è tornato nell’Atlantico. Tuttavia, ha ancora più di 6.000 miglia da percorrere per raggiungere Les Sables d’Olonne. C’è quindi ancora molta strada da fare e Giancarlo è ben consapevole che la concentrazione è di rigore. Perché gli alisei non si sono ancora ben stabiliti nel Sud Atlantico e le condizioni meteorologiche si stanno rivelando particolarmente complesse. In questo contesto, come ripete spesso Giancarlo, niente è detto, e tutto può succedere. Nonostante ciò, ha già percorso gran parte del giro del mondo, attraversando i tre principali Capi che lo marcano, non senza emozioni.
Eccolo, “Cape Hornier” (come i francesi chiamano coloro che passano Capo Horn)! Martedì 5 gennaio, Giancarlo ha doppiato il leggendario promontorio al 9° posto nella classifica del Vendée Globe. Questo punto al largo della Terra del Fuoco, che segna il passaggio dal Pacifico all’Atlantico, marca un segno nella carriera di un navigatore.
Capo Horn
“Passare Capo Horn richiede molto lavoro e sacrificio. Non per il passaggio di per sé, ma per la consapevolezza di tutto ciò che è stato fatto a monte per arrivarci, qualcosa di cui le persone non sempre si rendono conto.
Le ore passate a terra pensando al più piccolo dettaglio, costituendo una squadra, stringendo un legame speciale con un partner, scegliendo la barca, il tempo per prenderla in mano…
Alla fine, queste sono varie fasi che ci portano a Capo Horn e inevitabilmente, quando lo passiamo e ripensiamo a tutto questo, abbiamo le lacrime agli occhi”.
Giancarlo ha dovuto gestire una vera e propria marea di emozioni al largo del promontorio che marca il punto più a Sud del continente americano.
“Ecco perché mi sono concentrato molto su quello che stavo facendo e ho evitato di pensare troppo“, a un luogo fedele alla sua fama, con raffiche prossime ai 50 nodi e mare mosso e disordinato.
“Lavoro in corso”
“Il fatto di aver doppiato i tre capi (Buona Speranza, Leeuwin e Capo Horn, ndr) significa molto, ma l’importante è finire questo Vendée Globe. Tagliare il traguardo a Les Sables d’Olonne è ciò che darà al progetto tutto il suo significato. In gara non si può mai sapere cosa accadrà”.
Ha detto lo skipper di Prysmian Group che, come al solito, ama mantenere la calma. “Devo restare calmo e concentrato. Non cedere un centimetro in termini di gestione della barca“, ha aggiunto Giancarlo, felice in ogni caso di aver trovato condizioni di mare molto più gestibili al suo rientro in Atlantico.
“È un sollievo per me. Questi ultimi giorni nel Pacifico erano diventati duri a causa delle temperature gelide, dell’umidità elevata, del vento forte, del moto ondoso serrato e del mare incrociato … tutte cose non piacevoli, in dose massiccia!” ha detto il marinaio, che attualmente sta avanzando in un flusso Nord, Nord-Ovest di circa 15 nodi su mari relativamente calmi e ordinati.
“È bello trovare condizioni più tranquille, poter mangiare serenamente e poter premere il mouse al momento giusto e non quando è un’onda che l’ha deciso”, ha commentato Giancarlo con un pizzico di humour, chiaramente rasserenato dal fatto di trovare un po’ di conforto a bordo del suo 60 piedi, senza però minimizzare quello che resta da fare, anzi. “C’è ancora tanto da fare. Approccio ogni giorno che passa come se fosse il primo del mio viaggio intorno al mondo. Per me andrà bene quando taglierò il traguardo, non prima. A quel punto potrò dire “lavoro fatto”, fino ad allora resta “lavoro in corso””.
Ultima retta per Giancarlo e il progetto 1 CLICK = 1M di cavo
Ripresa all’inizio del Vendée Globe, l’operazione “1 click = 1 m” permette di raccogliere cavi elettrici per permettere a Electriciens sans Frontières di realizzare i suoi progetti. Per ogni click sui post Facebook e Instagram di Prysmian Ocean Racing, Prysmian Group dona un metro di cavo all’ONG. Un’operazione di solidarietà di cui Giancarlo è felice testimonial.
Dopo un liceo in Senegal e poi un ospedale in Madagascar, l’operazione aiuterà le scuole di N’grouli e Bawelessi in Togo. Oggi gli alunni di questi villaggi sono ostacolati nella loro istruzione dalla mancanza di illuminazione e gli abitanti spendono molti soldi per acquistare carburante per le lampade a cherosene.
Il progetto consiste nella realizzazione di un impianto fotovoltaico che permetta di:
- elettrificare le classi e portare luce nella scuola
- ricaricare le lampade senza dover utilizzare il cherosene.