Il futuro è qui, ora.
Il rumore dell’acqua che sbatte contro la barca, ascoltato dalla pancia della barca, è assordante. Si unisce a tanti altri rumori, colpi, strusci, scricchiolii, come il peggiore degli strumenti musicali di un’orchestra di musicisti che fanno a gara per chi disturba di più.
Con il tempo mi sono abituato a questi rumori. Mi parlano. Mi dicono se la barca sta bene, se le vele sono regolate bene.
Mi sono abituato a ignorare i rumori che possono ignorare e ascoltare solo gli altri.
Per fortuna, per sopravvivenza, altrimenti non potrei pensare, riflettere.
Questi IMOCA sono delle macchine da guerra, progettare per andare veloci.
Non gli importa se sei dentro di loro.
Sono al carteggio, che qui si fa con un computer. Qui dentro tutto è attaccato con viti, scretch, supporti. E anche io mi devo tenere.
Mi sono abituato anche a questo.
Per fortuna, per sopravvivenza.
Rotta a 154°. Il mare è mosso. Un flusso depressionario sta attraversando la nostra zona di navigazione. Litigano, il mare e le nuvole. E la barca se la ride, surfando, dimenticandosi che sono dentro di lei. Tanto lei è sicura. E lo sono anche io.
È una buona barca. Mi fido di lei.
Esco.
Il rumore dell’acqua che sbatte contro la barca, ascoltato fuori dalla pancia della barca, è freddo.
L’acqua si rompe in mille gocce che fanno male. Sono fredde, fa freddo.
Abbiamo scelto la nostra rotta, barca del mio cuore. Devo metterti in assetto a dovere. Ti cambio vela. Devo fare in fretta. I passaggi sono ben organizzati nella mia mente: un elenco da percorrere con forza e velocità.
Con questa nuova configurazione di vele saremo più efficaci
I miei figli mi aspettano, vai veloce, vai veloce!
Guardo gli strumenti: 29 nodi. Veloci, ma non abbastanza per rincorrere il tempo e arrivare alla meta, che sembra non arrivare mai, nonostante la velocità o l’illusione di essa.
La mia mente vorrebbe che il tempo passasse veloce e eccitata inizia ad andare veloce, supera il presente, si proietta nel futuro… vedo il mio rientro al pontile, vedo l’abbraccio alla mia famiglia, vedo il silenzio.
Mi distraggo, un errore: il tempo guadagnato adesso lo devo restituire.
Piano mente, rallenta.
Devo tornare al presente.
Un respiro.
Un altro respiro.
Riordino il pozzetto, controllo che tutto sia in ordine: su queste imbarcazioni gli errori si pagano cari.
Il corpo va deciso, insieme alla mente, perfettamente sul ritmo di un rock-and-roll danzato con la barca. Né troppo veloce, né troppo lento. E il tempo è riempito perfettamente.
Ora sono qui. Sono nel qui e ora.
Sono in barca, sto facendo una regata. I miei figli qui, ora. Loro sono nel presente, Io sono nel presente.
Il futuro (o la mia immaginazione di esso) è qui, ora, attraverso aspettative che così si trasformano in motivazioni da utilizzare qui, ora.
Il passato è qui, ora.
Sono immobile. Non posso muovermi. Se mi muovo il mio corpo percepisce il calore. Abbiamo studiato a lungo un sistema per riuscire a riposare bene: un puff impermeabile pieno di biglie di polistirolo, riesco ad adattarla ai minuscoli spazi di questo Mini.
La mia prima barca… Che adesso non avanza. È immobile come me. Aspettiamo il vento, una nuvola che lo generi. Tutto è pronto per sfruttare il primo alito di vento.
Ma il vento non arriva.
In questa immobilità la mente si ribella. Vorrebbe che il tempo passasse veloce, vorrebbe spingere la barca. Immagina gli altri che vanno veloci. Io non so dove siano gli altri, sul Mini non si può sapere. Non so se gli altri vanno veloci. So che io sono lento. La barca è lenta.
Frustrata, la mente inizia a indugiare su vecchi pensieri, vecchie emozioni… si fa catturare dal passato.
Non sono più qui.
Sono in biblioteca a scrivere il mio primo libro. Scrivo, leggo, correggo.. sperando di poter un giorno avere una barca e uno sponsor, questa barca e questo sponsor, che mi permettono di navigare veloce.
Sono sul Jacaranda a togliere il gasolio dalla sala macchine, sentendo i rumori di una barca che non è mia e di cui devo prendermi cura per ancora 5 giorni, sognando di poter un giorno avere una barca, da regata, e poter navigare veloce.
Sono a Le Havre. Sto pulendo il ponte di un open 50, alzo la testa e vedo attorno a me altre barche che tra 6 giorni partiranno per il Brasile. E sogno un giorno di essere tra loro, e poter navigare veloce.
La vita che mi ha portato qui, spinta del desiderio di poter navigare veloce, adesso mi guarda beffarda immobile ad aspettare con la mente che corre veloce nelle valli del passato.
Un rumore.
La vela parla, mi chiama: c’è del vento !
Mi porta al presente, mi lancia una cima e mi trascina di nuovo qui, ora. Qui c’è qualcosa. Ora c’è qualcosa.
Esco, regolo la randa e la vela di prua.
Mi guardo intorno.
Qui c’è qualcosa, ora c’è qualcosa. L’oceano, l’orizzonte.
Ora sono qui. Sono qui, ora.
Sono in barca, sto facendo una regata. I libri sono nel mio presente, il Jacaranda è nel presente, il mio passato è nel presente. Qui, ora.
Il presente è tutto ciò che abbiamo. Il passato non esiste, se non nelle esperienze fatte.
Il futuro non esiste, se non nella motivazione.
Troppo spesso la mente vuole comandare il ritmo del tempo: vuole farlo andare veloce per far diventare il presente, passato; vuole farlo andare lento per NON far diventare il presente, passato. Vuole vivere il futuro, non vuole viverlo…
Non è possibile fare andare il tempo più o meno veloce. Puoi solo fare più o meno cose in uno stesso tempo. Ma in entrambi i casi il rischio è quello di perdersi il qui, ora perché catturati dal ricordo del passato o persi nell’illusione del futuro.
È un peccato, perché a dispetto di ciò che crede la nostra mente, o ciò che vuole farci credere, tutto vive qui, ora.