LIBRI E DVD
© François Van Malleghem
Giancarlo Pedote, dopo cinque anni trascorsi nella classe Mini 6.50, due con il mini di serie Prysmian ITA 626 e tre con il mini prototipo Prysmian ITA 747, ha deciso di divulgare la propria esperienza al grande pubblico realizzando, grazie al supporto di Prysmian Group, una trasmissione televisiva inedita andata in onda su Nautical Channel. Oggi i 27 episodi di SeaYou, questo il nome della trasmissione, sono raccolti in un DVD disponibile per il grande pubblico.
Si tratta di un documentario sulla vela in solitario girato intorno a Prysmian ITA 747 e raccontato col pretesto di rispondere a domande degli spettatori in 27 pillole monotematiche di circa 4 minuti.
Gli argomenti trattati spaziano dalla tecnica (manovre, consigli pratici e curiosità con riprese on-board) alla tecnologia (soluzioni tecnologiche e materiali utilizzati su uno dei prototipi più innovativi), dalla preparazione atletica a svariate curiosità.
Il DVD è realizzato in 5 lingue (italiano, inglese, francese, tedesco e russo) ed è dedicato da Giancarlo Pedote a « tutti coloro che, anche solo con un pensiero positivo, mi hanno sostenuto durante le mie campagne Mini 6.50. La mia esperienza è per voi ».
Da sempre attento alla divulgazione, lo skipper fiorentino già autore di due manuali della vela editi da Mursia nel 2004 (il Manuale dello Skipper) e nel 2007 (Il manuale del Velista), dichiara:
« Un’esperienza che non viene comunicata non potrà mai essere preziosa. Sono convinto da sempre che se non siamo in grado di spiegare agli altri qualcosa, in fin dei conti è perché questa cosa non è chiara in primis a noi stessi. Divulgare è una cosa che mi è sempre piaciuta, ragione per la quale mi sono cimentato nella scrittura di due manuali tecnici sulla vela ed ho trascorso diversi anni a fare l’istruttore di vela. L’insegnamento implica un dibattito e, spesso, da nuove domande nascono nuove soluzioni ».
Il DVD è in vendita su AMAZON, Il FRANGENTE e la LIBRERIA DEL MARE.
Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry spazzava accuratamente il camino dei suoi vulcani per prevenire le eruzioni, curava attentamente il suo fiore, si prendeva cura di strappare le radici dei baobab: insomma, la sua vita era scandita dal sorvegliare il proprio pianeta.
Una barca a vela, nello stesso modo, è come un piccolo pianeta che ha bisogno di un piccolo principe per funzionare al meglio.
In mare le situazioni, come nei vulcani, a volte si modificano e possono concretizzarsi in un’eruzione di problemi.
«E’ una questione di disciplina», come diceva il Piccolo Principe.
Un bravo skipper è colui che riesce a prevenire le eruzioni e mantenere l’imbarcazione sempre in stato di armonia.
Per fare questo non occorre essere superuomini, ma imparare a ragionare correttamente, velocemente e prendersi cura di tutto ciò che fa parte di questo piccolo pianeta eruttante.
In barca spesso non siamo soli, ma con altre persone: a volte esperti, a volte no, di cui comunque noi dobbiamo farci carico. Compito dello skipper è imparare a leggere tra le righe, pensare in anticipo il possibile mutare delle condizioni in peggio, ed essere in grado di non rimanere mai senza una risorsa in tasca.
Accade che le situazioni siano incalzanti e proprio mentre vorremmo fare altro siamo chiamati al lavoro, a volte invece il tempo è dilatato e davanti abbiamo l’opportunità di contemplare orizzonti da cui l’uomo moderno è assai distante. Per fare questo è necessario imparare, come nella matematica, a considerare tutte le variabili possibili di un sistema, per essere poi tempestivamente pronti a risolvere i quesiti che l’imbarcazione, le circostanze, ci possono porre.
Quando ciò accade, la nostra barca comincia lentamente ad essere protetta da una specie di bolla di sapone ad alta consistenza, in grado di tenere sotto controllo l’attività vulcanica. Stiamo riuscendo, come nell’equitazione, a creare un binomio con il nostro mezzo a disposizione: la barca a vela. Lo skipper che riesce a stabilire questa fusione con la propria barca diviene il piccolo principe di un piccolo pianeta in cui è possibile vivere: l’aspetto fisico-empatico (equitazione), logico-deduttivo (matematica), magico-contemplativo (il piccolo principe).
L’aspetto fisico-empatico si riferisce alla capacità di un essere umano di entrare in sintonia con un elemento del mondo esterno, fino a comprendere il necessario effetto corrispondente ad ogni minima alterazione energetica di quell’elemento: la stessa cosa accade nell’equitazione ad un fantino ben affiatato col suo cavallo.
L’aspetto logico-deduttivo riguarda la capacità umana di indurre e dedurre a velocità elevate senza cadere in errore; la differenza con la matematica, però, sta nel fatto che in barca le argomentazioni per essere corrette devono produrre soluzioni pratiche, mentre le contraddizioni in questo caso non lasciano scampo di sorta, poiché i danni sono oggettivi: andiamo a fondo.
L’aspetto magico-contemplativo, infine, si riferisce alla soggettività e alla fantasia, alla capacità umana di rimanere estasiati nel percepire le forze della natura nel suo aspetto primordiale. In una sorta di «stato di grazia» l’individuo è nella condizione migliore per comprendere, e a volte, senza poter dimostrare le proprie idee, è comunque in grado di intuire cose assai importanti che forse non si possono argomentare o spiegare. La filosofia Zen ha già pensato tutto ciò, forse con minor apprensione per comunicarlo filosoficamente. A volte le cose «profonde» sono molto difficili da comunicare.
A La Rochelle, in Francia, la filosofia della navigazione è così brevemente riassunta: in barca prima si fanno le cose che vengono «prima» e dopo si fanno quelle che vengono «dopo».
Un buon comandante o capo-barca è responsabile e custode di «un guscio attrezzato» e del suo equipaggio, per questo deve prendere tutti gli accorgimenti necessari per una corretta gestione dell’attività di bordo. Non credo possa esistere uno skipper che non sbaglia mai, perché tutte le menti possono andare in corto circuito e quindi sbagliare: l’importante è rendersi conto di questa possibilità e tentare di prevenirla, magari riposandoci un po’ se ci sentiamo affaticati.
Una volta detto questo, credo però che per un bravo skipper i margini d’errore siano notevolmente riducibili, in funzione soprattutto dell’approccio con cui si pone nei confronti dell’imbarcazione: il controllo mentale del mezzo non deve vacillare e ciò si ottiene fondamentalmente agendo prima che l’azione diventi una necessità inevitabile.
A volte parlando dei problemi che possono nascere a bordo si vorrebbe trovare una risposta definitiva e unica, come se ad ogni circostanza particolare fosse possibile contrapporre uno specifico rimedio, ma ciò non è pensabile perché ogni situazione è un caso a sé stante che deve essere valutato nel momento in cui si verifica. Per apprendere l’arte della giusta scelta bisogna imparare a discernere le priorità fra le diverse cose da fare in una situazione: ciò si ottiene solamente attraverso un costante ed intenso allenamento. Attraverso quest’esercizio si possono trasformare le teorie e le congetture in esperienza, che, insieme a un metodo sempre pronto ad essere rimesso in gioco, aumenta il nostro bagaglio tecnico e la nostra tranquillità nelle più svariate evenienze. Navigare e trascorrere ore in mare è molto importante, ma ragionare nelle diverse situazioni che incontriamo lo è ancora di più.
Importantissimo è ricordare che in crociera non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, specialmente se a bordo ci sono persone poco o per nulla esperte: a volte rinunciare ai propri programmi di viaggio per non rendere una giornata di navigazione troppo stancante, e magari approdare in un luogo meno attraente ma più semplice da raggiungere, è un comportamento saggio perché può evitarci inconvenienti anche seri; se i nostri passeggeri sono amanti del brivido possono benissimo scegliere un corso di paracadutismo o qualche altro sport estremo.
Tutti in mare, in misura diversa, abbiamo bisogno degli altri. Proviamo a pensare a quante persone lavorano dietro al suono metallico del VHF e quanto esso sia utile ai naviganti. Per questo motivo in mare dobbiamo essere solidali l’uno con l’altro e disposti ad aiutarci reciprocamente. Ad esempio, un buon capo barca in vista di un equipaggio di inesperti che non sanno manovrare in porto, difficilmente urlerà come un forsennato le complicate manovre da eseguire nel frastuono provocato dai marinai da banchina che da terra sanno sempre tutto: in questo caso prendere il proprio tender ed aiutare l’equipaggio in difficoltà è sicuramente molto più proficuo!
Poiché ci siamo assunti la responsabilità del comando è necessario essere preparati a fornire a bordo il primo soccorso a chiunque possa sentirsi male o ferirsi per una disattenzione.
La messa a punto di un’imbarcazione è un lavoro da orafi della vela: trovare una barca preparata adeguatamente è un evento assai raro. Tutto questo è dovuto al fatto che spesso siamo portati a «lasciar andare le cose finché vanno», sino al punto in cui per qualche congiunzione astrale queste cose smettono di funzionare e si fermano.
In barca, sicuramente con un grande sforzo, è possibile spendere molte energie per evitare che «le cose si fermino». Fare questo significa sacrificio, disciplina e consapevolezza. La consapevolezza a volte può metterci di fronte a tante cose che non siamo riusciti a fare prima di partire, perché non ne siamo stati in grado o non abbiamo potuto. Cercare di scoprire perché «le cose si fermano» è la strada che porta a divenire skipper. Il bravo skipper, poi, grazie ad una concentrazione costante, farà in modo che «le cose non si fermino», per quanto è possibile.
Il MAY DAY è una chiamata di soccorso che si lancia quando lo skipper, per un suo limite o per causa di forza maggiore, non è più in grado di «gestire le cose» ma sono le cose che gestiscono, a schiaffi, lo skipper. A tutti può capitare e per questo è necessario stare attenti.
In questi ultimi anni il numero delle imbarcazioni da diporto si è incrementato notevolmente, in proporzione al numero di persone che decidono, dopo aver frequentato dei corsi di vela o conseguito la patente nautica, di noleggiare una barca. Anche il numero degli skipper che lavorano presso società di charter è aumentato, ma sappiamo benissimo che nel nostro paese, per quanto ci sia un’antica tradizione marinaresca, non è poi così facile imparare tutti i trucchi che fanno della navigazione da diporto una vera e propria arte. In tutta umiltà, questo libro ha la presunzione di candidarsi ad essere pezzo di un puzzle, infinito come il mare.
La navigazione a vela e le esperienze che ciascuno può ricercare e vivere in mezzo al mare possono essere assai differenti fra loro. La vela è un grandioso mezzo per viaggiare e godere delle bellezze naturali, ma può essere vissuta anche come uno sport, un ambiente dove trascorrere le vacanze o altro.
Il rapporto con il mare e le barche è quindi qualcosa di personale e ciascuno di noi può trovare in mare risposte diverse.
Quando sono salito per la prima volta su una barca non sapevo chiaramente quali fossero le mie motivazioni, forse tutte quelle che ho appena detto.
Navigando ho imparato che la conquista di un’eccellenza tecnica va di pari passo con il raggiungimento di pace e di serenità interiori.
Ogni attività sportiva si porta dietro una base teorica o, meglio ancora, un approccio mentale che ne determina le caratteristiche e le modalità.
Il mio approccio alla navigazione cerca di essere globale. Tenere il timone o issare una vela, sono azioni che chiunque in un tempo ragionevolmente breve può imparare, ma se queste azioni non sono percepite come parte integrante di un Tutto, resteranno gesti privi di significato. Un buon marinaio, secondo me, non si occupa solo di che cosa fare, ma anche di come farlo, tenendo conto di tutti gli elementi che agiscono e interagiscono con la barca.
Il mare insegna a vivere il presente e abbandonare l’attitudine, tipicamente terrestre, di programmare il futuro in ogni minimo particolare. In realtà, la vita stessa è sempre differente da quello che si immagina. Nello stesso modo il pianeta mare è regolato da dinamiche molto spesso non prevedibili e non sempre in accordo con i desideri dell’uomo. A volte certi eventi, in mare come nella vita, non si possono cambiare, esistono e provocano disagio: il buon marinaio deve imparare, però, che in ogni situazione difficile c’è sempre una via di uscita che permette di limitare i danni.
Per quanto mi riguarda andare per mare mi permette più di ogni altra cosa la possibilità di interrogarmi sulla natura, sulla fonte da cui proviene il Tutto e la sua strabiliante bellezza.
Quando sono in navigazione e posso concedermi un attimo di pausa, immagino di essere un gabbiano che vola sopra la mia stessa barca, e osserva. Mi rendo conto, così, della finitezza umana in confronto all’intrinseca perfezione di questo meraviglioso pianeta, regolato da dinamiche, leggi, circostanze.
Oppure, semplicemente, navigo in silenzio, ascoltando i silenzi del mare e la leggerezza del procedere a vela. La mente tace, e lentamente affiorano nella mia coscienza particolari stati d’animo paragonabili a quella voce divina di cui parlava Socrate, il dàimon. Socrate amava spendere la propria vita a conoscere se stesso, come esortava l’iscrizione sul frontone del tempio greco dell’oracolo di Delfi. Socrate mi ha convinto fin dall’inizio, probabilmente fin da quando ero bambino e non sapevo chi fosse.
Il suggerimento che mi permetto di dare a chi si avvicina alla vela è farlo senza aspettative, con la voglia di imparare giorno per giorno, miglia per miglia, e fare tesoro delle emozioni e delle esperienze che il mare può offrire.
Vivere la vela con umiltà, curiosità e volontà di perfezionare la propria tecnica è uno dei segreti per diventare un buon marinaio. E, forse, anche un essere umano migliore.
Buon vento!
Giancarlo